cashmere

Un capo in cashmere è per sempre

Un capo in cashmere è per sempre

Ognuno ha il suo concetto di eternità, anche se si sa che nella moda è molto difficile che esista. Eppure, se si considera quanti anni una fibra pregiata come il cashmere può regalarci in eleganza e bellezza, si può dire che si è molto vicini al “per sempre”.

Naturale però che vi siano due condizioni di base. La prima è che filati e lavorazioni siano davvero di alta qualità. Materia prima pura, anzitutto, e lavorazione a due oppure tre fili, di taglio e assemblaggio semiartigianale.

La seconda è una buona “manutenzione” nel tempo, con interventi corretti di pulizia, stiratura, conservazione tra una stagione e l’altra.

Sul lavaggio il cashmere è una fibra che garantisce un’ottima resistenza proprio per le sue caratteristiche idrorepellenti naturali. Un lavaggio delicato a mano lo si può fare immergendolo in acqua fredda (o appena tiepida) un minimo di sapone delicato e un leggero massaggio con la punta delle dita per farlo arrivare in ogni fibra. In caso di qualche macchia più persistente si può strofinare delicatamente la parte con detergente non diluito. Si procede allo stesso modo anche per il risciacquo, avendo cura di eliminare l’acqua in eccesso con la semplice pressione delle mani, evitando di torcere il capo. A questo punto la fibra di cashmere sarà rinfrescata e rinnovata senza perdere nessuna delle sue caratteristiche da nuovo.

cashmere

L’asciugatura si esegue lasciando la maglia in piano, evitando l’esposizione al sole o a fonti di calore eccessivo. Sarà necessario girare il capo almeno una volta, avendo cura che le maniche non rimangano penzolanti, ma disposte anch’esse in piano. Per velocizzare questo passaggio può aiutare tamponare il capo con un asciugamano asciutto facendo una lieve pressione per assorbire ogni eccesso d’acqua.

La stiratura dovrà essere anch’essa delicata e possibilmente senza appoggiare direttamente il ferro da stiro alle fibre. Il consiglio è sollevare il capo e emettere col ferro qualche sbuffo di vapore a pochi centimetri dal capo. Dal momento che difficilmente le sue fibre saranno stropicciate, basterà questo leggero trattamento al vapore per far ritornare il capo come nuovo.

Infine la conservazione in armadio. Il capo deve essere ben ripiegato e posto in orizzontale senza pesi che lo pressino troppo. Per i periodi di non utilizzo è meglio conservarlo in una busta o un pacchetto di carta (perfetta quella da pacchi porosa) avendo l’accortezza di non usare antitarme. Chimici o naturali che siano questi servono a tenere lontani questi insetti indesiderati dall’armadio e non dai capi che vi si conservano dentro. Quasi inutile dire che la parte dell’armadio che conserva i capi della stagione successiva – cashmere e non – non deve rimanere chiuso per mesi. Meglio aerare di tanto in tanto, quando non c’è umidità e la giornata lo consente, aprendo le ante e le finestre della stanza per una buona mezz’ora.

Cashmere, un milione di buoni motivi per indossarlo. Anzi un millionaire

 

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cravatta di maglia

Casual ma chic? Semplice, c'è la cravatta di maglia

Casual ma chic? Semplice, c’è la cravatta di maglia

Con la bella stagione ormai alle porte si ha subito la voglia di alleggerire un po’ il look, di lasciarsi andare ai toni del casual, preferibilmente senza perdere eleganza e chic.

Le giacche si fanno più leggere, magari con le eleganti trame di una Folcea Principe di Firenze, i pantaloni aprono alla possibilità e alla finezza della “tela vaticana”, le scarpe – quasi inutile dirlo – richiedono l’eleganza di certe Tricker’s espressamente realizzate per Principe.

E come non fare un pensiero, in questa ritrovata libertà stagionale, alla cravatta ideale?

C’è chi, naturalmente non abbandona mai la leggerezza della cravatta classica in seta, nelle fantasie che Principe di Firenze fa realizzare nella patria della seta pregiata… che rimane sempre l’Italia. Ma c’è chi, invece, si affida a un accessorio simbolo: la cravatta in maglia tubolare.

cravatta di maglia
cravatta di maglia

Quella immortalata dal mitico James Dean in gioventù bruciata (erano i tempi del bianco e nero, ma la camicia era bianca) e subito diventata un must di stile e ribellione fino a tutti i ruggenti anni 70.

Poi, come spesso accade ai formidabili accessori che non passano mai di moda, invece che eclissarsi la cravatta in maglia ha preferito concedersi un periodo di riposo. La sua delicata fattura in tubolare, il taglio squadrato anziché con la punta, la finezza dei materiali – lana, seta, lino in purezza – semplicemente non corrispondevano a certe esagerazioni dal sapore provocatorio.

I revers delle giacche che si allargavano, le vite che si stringevano, gli abiti che fasciavano, i colori che strillavano. Fenomeni che fecero capire quanto la vera eleganza non sia fatta solo di stili e colori, ma anche di proporzioni. E le proporzioni di quel tubino di seta delicata, con la trama fresca e aerata, erano sempre state preziosamente morigerate.

Figuriamoci poi se quelli erano tempi in cui una cravatta, invece che appesa, veniva gentilmente arrotolata per un riposo che non le facesse perdere il perfetto aplomb.

Oggi che invece questi valori e queste delicatezze stilistiche sono tornate, eccola di nuovo protagonista. L’accessorio fresco e perfetto per la giornata (mai per la sera) del gentleman contemporaneo.

https://www.principedifirenze.it/una-cravatta-principe-di-firenze/


bon ton cintura

Il bon ton della cintura e come liberarsi dalla schiavitù dell'ardiglione

Il bon ton della cintura e come liberarsi dalla schiavitù dell’ardiglione

Spesso anche l’uomo più attento ai dettagli di eleganza ne sottovaluta uno degli accessori principali. La cintura, appunto, elemento tanto importante da vantare un vero e proprio – anche se sintetico – codice di eleganza. E, assieme a questo, come sempre più spesso accade per l’eleganza maschile, anche un codice che si riferisce alla comodità, alla sintesi, tipiche dell’uomo.

Cominciamo dal bon ton. Sono naturalmente ammesse tutte le cinture, comprese quelle mutuate dall’immaginario del cow boy texano o quelle che incoronano i fianchi dei combattenti di wrestling, ma una cintura ideale ha due, al massimo tre altezze codificate: 4, 3 e 3 centimetri e mezzo. Meno alta è la cintura e più è adatta a vestire l’eleganza più formale: la cerimonia, l’ufficio, la serata speciale.

Altro codice è il colore: sempre legato alle scarpe. Codice che, quando è possibile, è indicato anche per i materiali, vedi ad esempio certi scamosciati.

bon ton cintura

Poi ci sono le lunghezze: l’ideale è avere liberi dall’agganciatura non più di una quindicina di centimetri, che si fermano al passante. Quindi, anche se ogni cintura può essere facilmente adattata con un taglio (preferibilmente eseguito da mani esperte) attenzione alle taglie. Una 48 vuole una lunghezza di 115 centimetri, una 54 va sui 125 e così via.

Infine il buco per l’agganciatura: deve essere il terzo, il più equilibrato.

Se a queste regole vogliamo però aggiungere il mood di praticità cui abbiamo accennato all’inizio c’è un’altra cintura ideale: quella elastica intrecciata. Una cintura che, pur dovendo rispettare il codice delle lunghezze, ci libera dalla schiavitù del buco apposito per l’ardiglione.

Il senso di libertà è unico, soprattutto da quando questo tipo di cintura è andato arricchendosi di dettagli di eleganza molto interessanti: colori, materiali, intrecci artigianali di elastici anche in mix con pellami. Insomma, il top di eleganza e praticità, con la libertà di agganciare in un punto qualsiasi dell’intreccio. Un dettaglio da non sottovalutare, dal momento che il massimo dell’eleganza per una cintura e per tutte le cinture di questo mondo, è che fascino il giro vita morbidamente, senza nessuna costrizione.

Che sia per questo che il top best seller della collezione di cinture da uomo Principe di Firenze, siano proprio le intrecciate?

bon ton cintura

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eleganza camicia

In fatto di eleganza è la camicia che fa la giacca, quasi mai il contrario

In fatto di eleganza è la camicia che fa la giacca, quasi mai il contrario

Non è un giro di parole. Perché la camicia dà alla giacca più vite e più modi di vestirla, confermandosi così come il capo “chiave” per ogni tipo di eleganza.

Prendete ad esempio una giacca “passepartout”, la nobile Folcea di Principe di Firenze. Con una camicia botton-down, accompagnata magari da una pochette neutra come quelle in lino, diventerà una giacca del tutto informale, adatta al giorno come alla sera.

Stessa giacca, ma con camicia bianca e collo italiano, supportata da una cravatta (o anche una pochette) in seta, ed ecco una perfetta eleganza anche per un’occasione più formale, come una cena elegante.

Sempre la stessa giacca, ma con una severissima camicia bianca, collo francese e una cravatta in seta in tinta unita o a maglia tubolare, ed eccovi pronti per la più formale delle riunioni di lavoro.

Proprio in virtù di questi piccoli segreti per ottenere il massimo dell’eleganza anche con un guardaroba più misurato (ma la qualità è tutto) la collezione di camicie Principe di Firenze è praticamente sterminata. Ai diversi tipi di colli, che come abbiamo appena visto vestono ogni esigenza di eleganza, ci sono le tante disponibilità di cotoni, di jersey, di garzati e righe e quadretti capaci di vestire la totalità degli stili.

eleganza camicia

E non parliamo dei dettagli: con e senza cannone posteriore, vestibilità a scelta che vanno bel oltre lo slim fit e sorprendono sempre. E poi la qualità, quasi inutile dirlo, è sempre al massimo. Ma siccome nel concetto di eleganza Principe di Firenze c’è soprattutto praticità ecco che il concetto di camicia e la lavorazione a doppio filo ritorto danno una mano significativa anche alla semplicità con cui si ottengono stirature perfette.

Proprio per queste tradizione vuole pochi semplici (ma decisi) passaggi. Si comincia stirando il collo, si passa poi alle spalle e le maniche, infine si passa sull’asse da stiro in quattro passaggi i due petti anteriori e il dorso.

Qualcuno ripete l’operazione sul corpo e il collo della camicia due volte, sul dritto e il rovescio, ma per le camicie stirofacile non è quasi mai necessario. Anche all’appretto, per quanto comodo, specialmente nella versione no spray, è preferibile usare una leggera umidificatura con semplice acqua leggermente profumata.

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cashmere

Pullover Geelong, la lana di prima tosa morbidissima e preziosa

Pullover Geelong, la lana di prima tosa morbidissima e preziosa

Principe di Firenze propone una linea di maglieria davvero speciale. Parliamo del lambswool Geelong (pullover €179) proveniente dalla lontana Australia. Disponibile nei più contemporanei colori moda, la lana del Geelong è una lana di prima tosa, proveniente da agnelli di età non superiore agli otto mesi.

La fibra, come si può facilmente immaginare, è una delle più morbide e pregiate tra questo tipo di lane, con filati dal titolo finissimo e una confezione che conferisce ai pullover – e in particolar modo per quelli espressamente confezionati per la selezione Principe di Firenze – particolari caratteristiche di resistenza e vestibilità.

La storia del Geelong deriva proprio dal nome della città. Una delle prime tra le città australiane, dopo Sidney, a cominciare a battere all’asta grandi partite di lana destinate ai mercati anglosassoni e europei, dopo quasi un secolo di predominio londinese, in cui le lane venivano trasportate nella capitale inglese prima di essere vendute attraverso aste di interesse mondiale.

I pullover Geelong presenti nei negozi di Firenze, Lucca, Forte dei Marmi e nello shop online, arricchiscono un’offerta di maglieria tra le più complete e variegate, rara per la scelta disponibile in un unico store.

Tra questi ci sono le maglierie espressamente confezionate in Scozia per il marchio Principe, gli Shetland e i Cashmere. In una varietà di proposte di vestibilità che vanno dai gilet e cardigan, ai modelli tipo polo, fino ai sostenuti maglioni classici, anche nella versione antipioggia.

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Pullover di lana merinos, i migliori amici della tua lavatrice

Pullover di lana merinos, i migliori amici della tua lavatrice

Principe di Firenze ha selezionato una collezione di pullover in lana merinos che, al privilegio di un’eleganza top di gamma, resiste perfettamente ai lavaggi delicati in lavatrice.

Da sempre, infatti, il lavaggio delle lane pregiate in lavatrice è una sorta di tabù. Non si contano esperienze al limite del surreale, con il triste spettacolo di tirar fuori dal cestello il capo ridotto a una taglia da bambola.

Le caratteristiche del pullover Principe di Firenze, invece, tolgono ogni timore.

Al di là dei modelli, che prevedono il girocollo (ideale, anche in leggerezza, per essere indossato sotto una bella giacca sportiva) o lo scollo a V (che richiede la camicia) la sua lana è originaria della Nuova Zelanda, il paese simbolo per gli allevamenti di pecore di questa razza così pregiata, la cui lana ha la caratteristica forma “a ricciolo” e non supera mai più di otto-dieci chili per ogni tosatura.

Lana che ha un titolo finissimo, con un diametro di circa 20 micron e che ha avuto il suo straordinario successo mondiale grazie alle sue superiori proprietà traspiranti.

Protegge infatti dall’umidità esterna, perché è capace di assorbirla più di ogni altra fibra, e permette una perfetta traspirazione del corpo, assorbendone l’umidità e spingendola verso l’esterno.

Una lana che può essere indossata tranquillamente anche sulla pelle nuda, senza pericolo di irritarla grazie alla sua straordinaria morbidezza.

Caratteristica che la rende una lana particolarmente ricercata anche per la produzione di un intimo di qualità, e spesso preferita ai tessuti protettivi tecnici per chi fa sport professionale.

La collezione di pullover Principe di Firenze è particolarmente dedicata sia alle temperature invernali, sia a quelle dei cambi di stagione, in cui è necessario indossare indumenti che proteggano dal freddo, ma ideali anche per traspirare al massimo e far respirare il corpo nei picchi di calore caratteristici di queste giornate.

Riguardo alla lavatrice il lavaggio è enormemente facilitato, anche nell’asciugatura, senza troppe accortezze, a parte quella – valida per tutte le lane – di lavare a bassa temperatura, con centrifuga al minimo e preferibilmente senza uso di ammorbidente.

Tanto più che, per una merinos così eccezionale, questo additivo risulterebbe del tutto superfluo.


Giacca Hopsack Avio

Giacca passepartout? Scegli una folcea

Giacca passepartout? Scegli una folcea

Forse non tutte le occasioni della vita vogliono una giacca, ma c’è sicuramente una giacca adatta a vestirle ogni volta che ce n’è bisogno. Parliamo della giacca folcea in lana hopsack (€ 598) uno dei gioielli del prêt-à-porter Principe di Firenze.

Il tessuto hopsack prende il nome dall’antica lavorazione dei sacchi di juta che contenevano il luppolo destinato alla fabbricazione della birra (i sacks for hops) che prevedevano una tessitura a trama e ordito larghi, meno battute. Lavorazione che ha ispirato anche i preziosi crêpe de chine, dove uno dei fili è leggermente ritorto per creare volume.

Queste due caratteristiche rendono la giacca folcea particolarmente leggera da indossare e al tatto e le conferiscono un’elasticità naturale, con un effetto “mosso” molto particolare e luminoso, impensabile con altri tipi di tessuto, adattissima ad essere riposta in valigia o tenuta a spalla quando le temperature si fanno più alte, senza comprometterne la stiratura.

Grazie a queste caratteristiche è un capo imprescindibile nel guardaroba di qualsiasi uomo dinamico che non vuole rinunciare al massimo dell’eleganza. I colori d’elezione, proprio per adattarsi a tutte le occasioni, sono il blu e una sua variante più brillante e estiva: l’avion.

Giacca Hopsack Avio

La morbidezza del tessuto hopsack, inoltre, non permettendo la realizzazione di pantaloni per un abito completo, invita al gioco dei contrasti negli abbinamenti. I quali spaziano dal più informale dei jeans o i chinos, fino ai tessuti più ricercati.

Un abbinamento perfetto, tra le proposte Principe di Firenze, sono i pantaloni in tela vaticana grigio antracite, in purissima lana pettinata leggerissima e setosa, che con la sua trama elementare ricorda la preziosità dei talari dei cardinali.

Quasi inutile ricordare come entrambi i capi siano un esempio perfetto del know how italiano dei tessuti, 100% nazionali.

Giacca Hopsack
Giacca Hopsack


mezze stagioni

Solaro e mohair, le mezze stagioni nella loro stagione migliore

Solaro e mohair, le mezze stagioni nella loro stagione migliore

Le mezze stagioni esistono e non obbediscono ai diktat della moda. La quale, per convenienza e massificazione, ama veder l’uomo rabbrividire in abitini estivi quando fa troppo freddo e sudare nei grigi panni invernali quando fa troppo caldo.

Per non parlare di una certa ignoranza dei grandi capisaldi del saper vestire e della storia del costume che in questi tempi di immediati dress code da outlet e grandi magazzini è diffusa quanto un’epidemia.

Eppure il problema è vecchio di secoli e la soluzione migliore la trovarono i gentleman britannici. I quali, consapevoli di non poter indossare fuori dal rigido clima dell’isola i loro completi grigio scuro a tre pezzi di tweed e pesanti flanelle cuciti a Savile Row, si inventarono l’abito semi-estivo e il suo tessuto.

Si trattava non solo di comodità, o di quella superiorità di veder gli altri sudare nelle fruste giacchette a proprio agio in un abito perfetto. Ma anche di un’idea di stile che rispecchiasse, in stile, una classe sociale più agiata e culturalmente elevata: quella dei gran tour nell’Italia delle meraviglie, degli affari a Bombay e Nuova Delhi, o delle vacanze in quei tepori sempre un po’ ridigi del sud della Francia.

mezze stagioni

Fu la nascita di un tessuto raffinatissimo, dal peso in genere non superiore ai 350 grammi al metro, tessuto in una finissima lana mohair giallo ocra con il fiore all’occhiello di un filo rossastro in ordito che evocasse, appunto, la solarità e la cangianza di certi tramonti esotici, da sogno.

Non per niente il nome era già nella costituzione: solaro. Il massimo della comodità e la giusta protezione per i climi temperati o addirittura caldi.

Il modello era il classico abito intero, dalle linee anch’esse un po’ più comode, da portare rigorosamente abbottonato guardando dall’alto in basso quelli intorno a loro costretti a togliersi la giacca per non fare la sauna o a saltellare sul posto per riscaldarsi in caso di qualche gelida ventata primaverile.

Gli intenditori o semplicemente gli uomini obbligati all’eleganza anche nelle situazioni climatiche più estreme ne tengono sempre almeno uno in guardaroba, e siccome abiti e tessuto sono eterni o quasi, li tengono in gran conto.

Abito Solaro
Abito Solaro


sartoria principe di firenze

Quando la sartoria era un rito, anzi un club

Quando la sartoria era un rito, anzi un club

Qualche radiografia sociologica dell’Italia degli anni ruggenti si preoccuperà di tracciarne una mappa piena di significati, ma quanti hanno vissuto e continuano a far vivere il rito dell’abito su misura in sartoria – siano raffinati clienti o maestri sarti – ne hanno piena consapevolezza.

Perché sì, c’è stato un tempo in cui le botteghe dei sarti erano più diffuse delle biblioteche, delle sale polivalenti e delle sale per conferenze. Onnipresenti dal più piccolo e sperduto borgo ai quartieri delle grandi città e dei capoluoghi in varie forme, dignità e dimensioni, ma sempre attive.

sartoria principe di firenze
sartoria principe di firenze

Luoghi, insomma, per quanti non trovavano opportuno frequentare bar e osterie, ma desideravano ritrovarsi in qualche momento del giorno per uno scambio di opinioni, commentare una notizia, condividere la vita in società.

Luoghi, naturalmente, del tutto trasversali e accoglienti. Aperti al contadino, al piccolo commerciante, al professionista (in tempi in cui la regola del rispetto reciproco era linguaggio universale) il luogo fisico della sartoria era un club degli ottimati. Lì si mescolavano la sapienza dell’artigiano e la scienza del buon vivere.

La conoscenza e la frequentazione non solo permettevano di “migliorarsi” in quel senso dantesco del fatti non foste a viver come bruti, ma anche a far sì che gli abiti prodotti potessero superare il concetto di su misura fisico – misurato da sempre in centimetri – raggiungendo un su misura anche interiore, psicologico.

sartoria principe di firenze

Il sarto che conosceva per lunga frequentazione i suoi clienti consigliava stoffe e modificava modelli e aggiungeva dettagli che vestivano non solo il corpo ma si adattavano alla vita: che fosse il vestire una cerimonia o l’indeformabile abito di chi non aveva l’abbienza di un guardaroba ben fornito.

Per questo andare dal sarto e la sartoria erano come i club che la letteratura classica inglese ha immortalato mille volte. Non si era lì principalmente per acquistare – a quello avrebbe pensato anni dopo il consumismo – ma per esserci. E con la propria presenza contribuire a fare di una bottega artigiana presidio di tradizione e di cultura.
Materie così connaturate alla sartoria che la rendono simile ad ogni latitudine di questo vasto mondo.

Persino chi si troverà a passare da certe sartorie di strada africane potrà notare, seduti assieme al sarto alla macchina da cucire, due o tre persone sedute che parlano tra loro.

Sarà anche per questo che sarti lo si diventava quasi sempre fin da bambini. Agli anni che ci volevano per imparare alla perfezione un’arte molto complessa, si affiancavano anche anni di ascolto e di crescita della propria comunità di riferimento.

All’interno del negozio Principe la sartoria, nella sua contemporaneità, conserva quei ritmi e quelle atmosfere da salotto. C’è uno spazio per sedersi e incontarsi e c’è un sarto – il maestro sarto Mathieu Avognan, che dalla Costa d’Avorio ha portato da noi la sua straordinaria manualità – con cui confrontarsi. Perché è bello, scegliendo un tessuto pregiato che ci rivesta, apprezzarne la calma, la rilassante atmosfera e quel patrimonio unico di cultura che lo renderà il nostro abito.

sartoria principe di firenze