Quando un paio di blue jeans ti salva la vita
Quando un paio di blue jeans ti salva la vita
Se ne fa un gran parlare in questi giorni. Il giovane Arne Rurke cade da una piccola imbarcazione da diporto e resiste in mare aperto per più di tre ore in attesa del salvataggio grazie ai suoi blue jeans. L’idea è stata quella di annodare i gambali e gonfiarli come si fa con un palloncino, in modo che diventassero un vero e proprio salvagente.
In questi tempi di jeans “strappati” indossati in ogni dove la notizia fa sorridere. Perché anche se non è chiaro quale sia la marca di jeans indossata dal fortunato e creativo trentenne tedesco, è chiaro invece quanta parte di quest’avventura a lieto fine sia dovuta alla qualità del tessuto e alle “tecniche costruttive” di quel paio di pantaloni.
Un motivo in più di riflessione su una tendenza della moda mondiale in cui le caratteristiche di narrazione e di instant fashion ad alte dosi di marketing, sempre più spesso si trovano a prevalere sul capo realizzato a regola d’arte, secondo precisi canoni di gusto e con materiali e tessuti di pregio.
Perché in fondo questa storia alla ribalta delle cronache ci insegna proprio questo, che ci sono scelte importanti che non si possono fare semplicemente per il sentito dire di un brand o sulla base di una bella fotografia. Un insegnamento che sta alla base di ogni scelta che facciamo noi di Principe di Firenze per primi, proponendo nei nostri negozi e nell’online una garanzia superiore di qualità. Nel caso specifico i nostri jeans, cinque tasche in denim, di Siviglia. Un Made in Italy che sta facendo molto parlare di sé già dalle ultime edizioni di Pitti Immagine e a livello internazionale, e che affianca nei nostri store le celebrità presenti da sempre: Levi’s e Jacob Cohen.
http://www.principedifirenze.it/jeans-moda/

Non importa essere Napoleone per andare dal sarto
Non importa essere Napoleone per andare dal sarto
La storia della sartoria ha sempre usato i grandi del passato come una punteggiatura. Nata per tutti, al tempo in cui il fatto a mano era l’unica scelta a disposizione, ha sviluppato le sue punte di eccellenza al servizio dei miti della storia: scrittori, imperatori, condottieri e giù fino alle chiere di nobili dei casati di tutto il mondo. Nel luogo mondiale della sartoria, in Savile Row a Londra, a due passi da Piccadilly Circus, autografi e clienti famosi non si contano, da Napoleone III a Buffalo Bill, dall’imperatore del Giappone a Charles Dickens.
Nomi che farebbero pensare, sbagliando, a una sartoria rimasta ferma nel tempo. Vezzo per teste coronate (anche in senso sociale) senza riconoscergli un dinamismo e una contemporaneità che la vedono oggi in ottima forma, anche dall’unico punto di vista con cui la guardano “le masse”, ovvero quello del marketing.
Tendenze e numeri ci confermano invece che delle molte attività del passato che oggi fanno ancora tendenza, la sartoria è tra le più longeve, perché ha saputo raccogliere le sfide dei nuovi scenari della moda e rivolgersi ai nuovi consumatori accogliendo i cambiamenti della società con l’impegno a preservare la sua nobile tradizione.

Il sarto lavora da zero per ogni singolo cliente.
Il modello cartaceo che realizza è unico e tiene conto anche delle più piccole discrepanze della persona e della sua postura, prima di essere trasferito su un pezzo altrettanto unico di tessuto scelto, in genere, tra più di seimila campioni disponibili realizzati dalle migliori manifatture laniere del mondo.
Non a caso, questo appeal naturale della sartoria, è uno dei più imitati anche dall’industria del vestire, che non manca di abusare di una sovrabbondanza di termini come tailor made, sartoriale, custom made, dimenticando che l’unico sartoriale che esista è quello disegnato e tagliato direttamente sulla tela, uno per uno.
L’attualità e il momento fortunato della sartoria moderna è la constatazione che l’uomo non è cambiato, semmai è cambiato il suo guardaroba. Che oggi guarda anche agli indumenti “prestazionali” come i tecnici per il freddo o lo sport, ma non ha mai rinunciato all’abito, allo smoking, al cappotto. E mai come oggi la sartoria può contare su una nuova generazione di clienti, anche giovani, seriamente interessati e coinvolti nella genesi dell’abito: da dove viene, come viene fatto, con quale manualità.
Clienti e giovani consapevoli che le cose belle non sono immediate, non arrivano subito, e sono disposti ad aspettare anche otto o dieci settimane (e sottoporsi agli almeno due fitting di prova) pur di avere un pezzo di artigianato straordinario e duraturo nel tempo.
Un meccanismo di coinvolgimento del cliente rivoluzionario che ricorda la cucina a vista dei grandi ristoranti stellati e che rivoluziona la dittatura che impone un clic per l’acquisto e una manciata di ore per la consegna nel pacco postale.
Un gesto capace di cambiarci, perché indossare un abito di sartoria è un’esperienza totale, come guidare l’automobile esclusiva o indossare un orologio unico. Ed è proprio questa esperienza a saper attraversare tutte le epoche senza chiederci di mascherarci, magari da Napoleone.
http://www.principedifirenze.it/ready-to-wear-e-sartoria/

I profumi? Spruzzateli nei punti in cui si sente il cuore.
I profumi? Spruzzateli nei punti in cui si sente il cuore.
Un profumo lo si indossa per evocare un’emozione. Per questo ogni persona ha il suo preferito. Un rituale per tanti, che lo indossano al mattino o dopo la doccia nei punti del proprio corpo dove immaginano che la fragranza durerà più a lungo.
Una vecchia regola vorrebbe una spruzzatina nei posti dove “si sente il cuore” ovvero collo e polsi. I più scientifici aggiungono anche l’incavo dei polsi, mentre oltreoceano ha spopolato la grande attrice che suggeriva addirittura l’ombelico.
Oggi c’è un vero e proprio bon ton del profumo che si spinge a profumare in alcune zone del corpo a seconda del momento della giornata e da ciò che prevediamo di svolgere. Si passa così da collo e polsi per una normale giornata di lavoro e riunioni, fino alla nuca e perfino ai capelli, se la serata è romantica.
Chi non ama metterlo direttamente sulla pelle, sceglierà indumenti “portaprofumo” che ne esaltino l’aroma, in pratica tutti i naturali, come lana, seta e lino, le cui fibre cave e i loro effetti sulle temperature corporee sembrano compiere miracoli. Infine, per l’uomo, il grande classico è e rimane la parta alta dei pettorali.


Naturalmente, ça va sans dire, col profumo non si deve mai esagerare (meglio eventualmente rinfrescare) e la fragranza deve essere il top.
A tal proposito una delle proposte esclusive Principe di Firenze, nei negozi e online, sono cinque eau de toilette del brand Lorenzo Villoresi.
La Teint de Neige che evoca l’aroma inconfondibile delle polveri profumate, la fragranza della cipria, il profumo del talco. La Piper Nigrum, fresca e aromatica, con le emozioni dei legni e delle spezie africane. La Alamut, ricca di note fiorate che rimandano all’Oriente. L’Iperborea, con gli agrumi e il ricordo floreale del nostro Nord del mondo e, infine, il Patchouli grande classico intramontabile, le cui note sono appena accompagnate da un soffio di lavanda.
A voi la scelta, dunque, e a voi la libertà di seguire il bon ton ufficiale del profumo o praticarne uno tutto vostro. Con una scelta di sobrietà e qualità, ne avete pieno diritto.


Nate con la camicia. Quando basta un jeans per essere elegantissime
Nate con la camicia. Quando basta un jeans per essere elegantissime
Freschissima, comoda – anche per i diversi fitting proposti dalla collezione esclusiva Principe di Firenze – e vero e proprio must have dell’eleganza femminile. Ecco in tre parole l’intero mondo della camicia femminile e il perché sempre più donne mettono proprio questo capo straordinario al centro delle loro scelte d’eleganza.
Eleganza non solo formale come il perfetto look da ufficio, ma a tutto tondo. Capace di spaziare dall’atmosfera più sbarazzina e informale, fino alla sensualità ricercatissima con le sue grane e le diverse trasparenze. Un simbolo insomma, che la si indossi molto semplicemente sopra un paio di jeans, su una gonna di tendenza o col tailleur.
La camicia è personalità, anzitutto, perché comunica sempre grande sicurezza di sé e un’attenzione alla propria persona cui nessun altro capo di abbigliamento fa concorrenza. Ed esprime al meglio la versatilità e l’essenza poliedrica della figura femminile, basti pensare alla sottolineatura di un taglio maschile, a quanto e come tenere allacciati o slacciati i bottoni, all’indossarla dentro o fuori i pantaloni, alle mille possibilità degli abbinamenti e delle integrazioni con total look e accessori.
Per questo il primo consiglio che ogni “nata con la camicia” suggerisce sul fronte di “quelle col maglioncino” è: mai acquistare a istinto la propria camicia. Ma esaminarne bene col pensiero e con la memoria le sue molteplici possibilità di “incastro” nel proprio guardaroba di riferimento. Dove un cotone oxford, un colletto o una manica particolare, il colore unito o i quadrettini e le righe, fino ai raffinatissimi patchwork in seta, non solo possono fare la differenza, ma persino qualche magia.

Ready to wear e sartoria, la sfida impossibile che ha fatto bene a tutti
Ready to wear e sartoria, la sfida impossibile che ha fatto bene a tutti
Secoli di storia sartoriale e poco più di mezzo secolo di abiti preconfezionati. Se fosse una partita di calcio la sfida sarebbe persa 1000 a 50. Eppure sarebbe riduttivo affidare la vittoria a tavolino, perché ogni esperto di moda e di stile sa che i due settori, invece che scontrarsi – come avvenne in un primo tempo nei primi anni Sessanta del secolo scorso – hanno finito col migliorarsi a vicenda, migliorando anche l’eleganza maschile.
E non stiamo parlando di migliorarne l’accessibilità, dal momento che oggi un ottimo ready to wear può costare quanto o di più dell’equivalente capo cucito a mano in sartoria. Stiamo proprio parlando di stile e qualità. Dunque di un’eleganza “universale” che ormai sarebbe riduttivo confinare da una sola parte.


E’ per questo che in negozi come Principe di Firenze questi due aspetti dell’eleganza maschile convivono perfettamente. La sartoria su misura, con tutto il suo fascino, l’esclusività e il maestro sarto Mathieu Avognan sempre a disposizione, e il confezionato pronto all’uso con tutta la sua indiscutibile e veloce praticità. Ma i due concetti convivono perfettamente anche nel guardaroba dell’uomo elegante contemporaneo. Dal momento che trovarvi esclusivamente abiti di sartoria o di confezione sarebbe, nel migliore dei casi, un atteggiamento troppo snob o troppo cheap. Il vero uomo elegante, anche se poco abbiente, custodirà sempre nell’armadio almeno un capo di sartoria e viceversa. E questo anche quando si è in possesso di caratteristiche fisiche da modello che ci permettono il lusso (se lusso vogliamo proprio chiamarlo) di indossare una 48 perfetta dal fit alla lunghezza delle maniche.
Il perché è molto facile e riguarda, appunto, la sinergia che si è venuta a creare dopo la guerra tra i due settori. Dal 1968 in avanti, che molti ricordano solo per la contestazione, c’è stata anche una rivoluzione “altra” che ha nobilitato l’abito di confezione cercando di imparare dalla migliore sartoria. Il risultato è stata l’estinzione all’unisono dei sarti che cucivano peggio del confezionato e delle confezioni che producevano abiti che non vestivano ma “coprivano” gli acquirenti. Fino ad oggi, dove distinguere un bell’abito di sartoria o confezione è sempre più una questione di dettagli quasi invisibili a un occhio poco o mediamente allenato.
Il gentleman di oggi tiene dunque al rigore raffinato dell’abito di sartoria, ma sempre più spesso infila nel trolley anche una bella giacca sportiva (una Folcea, ad esempio) che lo veste perfettamente anche se è un ready to wear. Farlo, anzi, è persino liberatorio. Indizio di una mente aperta che non si lascia condizionare dagli schemi – spesso banali e privi di fantasia – di un certo marketing della narrazione.

Festa della donna. Pensiamoci subito, pensiamoci da sole
Festa della donna. Pensiamoci subito, pensiamoci da sole
Si avvicina la data delle mimose e della primavera. Data che, mazzolini a parte, è anche l’occasione per farsi da sole e subito il regalo dell’eleganza. Nei negozi Principe di Firenze e nello shop online è già tutto pronto (e cominciano gli anticipi della stagione che verrà) e dunque l’invito è andare a curiosare e orientarsi per una perfetta “quadratura del cerchio”, quella che racchiude il nostro stile, le nostre esigenze e – soprattutto – la nostra personalità.
Tre gli stili che da sempre ci interessano e che sono il punto forte di ogni nostra proposta: il look professionale, gli outfit più informali e l’impronta più sportiva.
Il mix è tutto da costruire, secondo la personalità di ognuna, ma con una sola parola d’ordine: femminilità! Parola che può essere facilmente tradotta con “eleganza naturale e senza tempo”.
Ecco allora gli scolli a barca dei pullover in filati pregiati e resistentissimi che valorizzano allo stesso tempo comodità e decolté. Ecco le camicie che, nelle loro infinite varianti di nuance, disegni e fitting, mettono in evidenza il collo. In abbinamento a una gonna a tubino e ai pantaloni (il coltellino svizzero della donna che sa vestire) a tubino o in ampiezza. Ecco infine i capisaldi che non devono mancare: la giacca importante e la borsa pure.
Sciarpe e foulard delle ricche ed esclusive (disegni e sete) collezioni Principe di Firenze aiuteranno a costruire il mix di stile ideale per ognuna, ad ogni età.
Aggiungete pure una nota di colore, partendo dai neutri che valorizzano autorevolezza e femminilità, ai tradizionalissimi intramontabili che sottolineano un connubio perfetto tra classe e eleganza, ma anche ai colori intensi che dimostrano ad ogni stagione rinnovamento, risveglio e padronanza di se stesse.
Una nota finale di profumo, il più personale che ci possa essere, sarà un degno finale. Magari gettando lo sguardo anche in quel piccolo ma significativo angolo di ogni negozio Principe di Firenze dedicato agli oggetti di eleganza che ci fanno l’occhiolino in cucina e dentro casa.
