Chic á porter, il periodo migliore per acquistare è l'estate
Chic á porter, il periodo migliore per acquistare è l’estate
Estate non è solo tempo di saldi, che talvolta diventano un rompicapo di taglie e occasioni d’uso.
E’ il tempo invece di scelte oculate e lente su quello chic, pronto all’uso, che farà una grande differenza nel vostro guardaroba e nella vostra autostima.
Capi che, in altre stagioni, non si “programmano”, presi dalla frenesia di rinnovare il capospalla o l’abito d’elezione.
Uno di questi chic è senz’altro quello che indossiamo in casa, lontano dall’apparire e di certi esibizionismi della griffe o della propria stessa personalità.
Allora largo, nelle collezioni Principe di Firenze, alle vestaglie da notte ipertrasparenti, morbidissime come un battito d’ali di farfalla sulla pelle.
Magari accostate a un intimo chic e funzionale insieme, ben rappresentato dal marchio Hanro, vera e propria star dell’angolo dedicato a intimo e lingerie dei nostri negozi.


Altre idee di acquisto oculato sono la pigiameria, settore in cui Principe di Firenze con il proprio marchio ha creato modelli supercomodi e funzionali, a partire dalla qualità dei cotoni e della manifattura, squisitamente italiana, anzi toscana.

Infine alle giacche da camera, perché anche nell’estate più torrida, il tocco di freschezza di un modello in stile kimono è capace di quel tocco di freschezza, comodità e sobrietà che mettono sempre a proprio agio, qualsiasi sia il livello del termometro.

Un momento l’estate, in cui è bello – curiosando tra i nostri scaffali – sentire tra le dita il piacere di una seta particolare, dei lini, dei cotoni, di tutte le fibre più pregiate e naturali fatte per durare per sempre, rinnovando ogni volta il piacere di quella carezza esclusiva.


Un piacere che risveglia tutti i nostri sensi.
Il piacere di un’estate di proposte e di scelte sincere. Nei negozi e nell’online Principe di Firenze, naturalmente.
Di madre in figlia. Quando l'eleganza è trasversale
Di madre in figlia. Quando l’eleganza è trasversale
In epoche in cui nascono start up per “noleggiare” la borsetta griffata per una sera, sorprende il fatto che i riflettori, anche quelli più attenti del giornalismo femminile o dei sociologi, non abbiano mai inquadrato una tendenza ormai protagonista in qualsiasi casa convivano due generazioni di donne.
Un vero peccato, perché osservare con occhio attento queste nuove abitudini avrebbe molto da raccontare sul riscatto delle “madri” in termini di prolungamento sociale della propria aura di charme e bellezza, così come avrebbe molto da smitizzare su una generazione di “figlie” dedite più o meno solo al telefonino.

E poi, visto che tanto si parla di riuso, ecologia, vintage e altre finezze del genere, non sarebbe l’ora di inquadrare un po’ meglio la neolaureata venticinquenne che per la propria cerimonia di laurea così come per una cena elegante al ristorante “ruba” alla mamma la borsetta, il foulard, quella camicetta così introvabile o l’abitino nero minimal ma di incomparabile chic?

Del resto gli spunti ci sono tutti.
Basta guardare in giro nei luoghi dove le giovani donne amano sfoggiare tutta la loro bellezza e eleganza.
Una serata a teatro, la prima di un concerto, il party sulla spiaggia, ma persino pub e discoteche, pullulano di ragazze che hanno preso in prestito dalla generazione precedente almeno un capo o un accessorio. Di contrasto non sono pochi i luoghi frequentati dalla generazione femminile adulta in cui ci si presenta, a condizione che sia veramente elegante, con qualcosa presa in prestito dall’armadio delle figlie.
Una trasversalità che, in molte delle proposte “senza tempo” Principe di Firenze, è da sempre presente.

Perché il capo della donna adulta è sempre un capo di qualità, di taglio elegante, con quel qualcosa di speciale (in questo la nostra ricerca è ossessiva) capace di renderlo unico.
Così, tra materie prime nobili e lavorazioni che spesso oltrepassano l’artigianale per diventare arti-geniale, è facile che questi due mondi si incontrino proprio da Principe: nei colori, negli stili, nelle conformazioni, in tutti quei dettagli che la moda massificata e che tende a dividere le generazioni come fossero recinti non può permettersi di esplorare e proporre.

La dura legge del marketing che si ammorbidisce solo con le leggi che governano più o meno ogni casa: un bel po’ di affetto, una grande esperienza e la percezione esatta del valore.
Tavola di Ferragosto, trasandatezza non ti conosco
Tavola di Ferragosto, trasandatezza non ti conosco
Si avvicina l’appuntamento annuale più temuto dell’anno: la tavola di ferragosto.
Momento di allegria e convivialità, ma anche fonte di stress, ansie da organizzazione e di un vero e proprio percorso da equilibristi, sul filo che divide originalità e ineleganza.
Principe di Firenze, nel reparto casa dei negozi di Forte dei Marmi, Lucca, Firenze, ha messo insieme collezioni di idee che meritano una visita approfondita già prima del grande giorno: vestire la tavola o il buffet, apparecchiare con quel tocco di informalità che fa subito chic e memorabilità, stupire con accessori nuovi e divertenti e – ultimo ma non meno importante – risolvere mirabilmente ogni intoppo nell’organizzazione.

Il classico ferragostano è senz’altro il pranzo,
il quale al di là delle pietanze, può presentare la necessità non solo di una tavola impeccabile, ma anche quello più banale di un segnaposto gioioso per ogni ospite. Ma, se non si intende allestire una tavolata all’aperto, che obbliga un po’ troppo all’immobilità, la grigliata al tramonto è davvero una delle idee migliori.
La ricetta di Principe in questo caso strizza l’occhio a un gioioso e interessante coinvolgimento degli ospiti nella realizzazione di maionesi istantanee, bibite e aperitivi, dressing per accompagnare insalate, contorni, cartocci e grigliate.

Una delle risposte più sbalorditive la fornisce la linea Cookut:
una serie di barattoli e accessori che grazie a un’intuizione geniale – e un pizzico di coscienzioso ambientalismo – permette a chiunque di mixare al momento i giusti ingredienti di base – magari lasciati a disposizione in un’antipastiera trionfante al centrotavola – e shakerare in pochi attimi una maionese freschissima ricca di ogni variante di gusto e dressing a prova di chef stellati. Non ultimo, proprio questa linea francese di gran successo tra le proposte Principe di Firenze, propone anche un mini barbecue che può essere facilmente sistemato là dove non ci si aspetterebbe, anch’esso, ad esempio, a centrotavola.

Buone e funzionali idee non mancano anche sul fronte della personalizzazione per riconoscere i bicchieri utilizzati liberamente dagli ospiti durante un buffet in piedi. Altro classico di ogni organizzazione elegante e impeccabile di una festa estiva da non dimenticare.
Ode ai Bermuda… ma con un occhio al centimetro
Ode ai Bermuda… ma con un occhio al centimetro
Né troppo corti, né troppo lunghi.
E’ questa la regola aurea di uno dei capi maschili più intramontabili: i Bermuda.
I mitici pantaloni corti, che si ispirano già nel nome alle mitiche isole caraibiche, sono non solo un sempreverde dell’estate, ma un vero e proprio dress code che ha saputo conquistare una propria trasversalità.
Non più limitate al tempo libero senza altro impegno sociale, in stile traversata in solitaria, ma vero e proprio cult di ogni armadio maschile, ad ogni età e posizione sociale.


La differenza la fanno i centimetri e la fattura
che sono la bussola per evitare di perdersi nell’effetto vecchio turista nella città d’arte troppo accaldata.
I primi Bermuda, infatti, nascevano in sartoria, secondo codici che amavano le pinces, il gambale leggermente svasato, e l’abbinamento canonico a una camicia perfetta e a una sahariana – anch’essa sartoriale e dotata di tutti i comfort – in tono. Tanti i materiali, che talvolta comprendono anche il lino, il quale oggi ha lasciato il passo al meno enigmatico e più docile cotone.
La lunghezza perfetta non lascia dubbi, un paio di centimetri sopra il ginocchio.
Ma oltre a questo, soprattutto quando si acquistano confezionati, è essenziale che anche le ampiezze siano egualmente più attillate e misurate. Scelta del tutto personale e in ogni caso elegante è preferire quelli con risvolto o senza, nei colori classici che spaziano dal corda al mattone, passando per ghiaccio e verde oliva.
Qualche coraggioso anticonformista osa pure il madras, ma bisogna saperlo portare con personalità e un certo rigore.

Attenzione infine al senso estetico.
Per indossare elegantemente un paio di Bermuda non è certamente necessario essere uno sportivo dal fisico statuario o un modello, ma ogni pantalone corto e in particolare i Bermuda non sono proprio l’ideale per nascondere con il loro effetto ottico d’insieme eventuali rotondità in eccesso.
Detto questo però, i Bermuda, complice le estati sempre più calde, hanno saputo scalare nel tempo sia le occasioni d’uso dell’arco della giornata, arrivando a comprendere anche la sera e in qualche caso il tempo passato in ufficio – purché non vi siano riunioni con esterni – sia gli abbinamenti, che ora vanno dalla semplice t-shirt o una polo con colore a contrasto e le scarpe, sneakers, da barca o allacciate che siano.

Per gli amanti dei sandali, invece, c’è chi sa portarli con personalità.
Per tutti gli altri però vale il detto di uno dei più celebri attori del nostro teatro, che trovandosi alla porta un visitatore coi sandali ai piedi esclamò: toh, un apostolo!
Informale o sbarazzina, i canoni della tavola elegante per l'estate
Informale o sbarazzina, i canoni della tavola elegante per l’estate.
Estate, tempo di tavolate tra amici.
Può essere un pasto informale o qualcosa di più destrutturato, declinato in apericene, brunch, merende o semplici rinfreschi. Qualsiasi sia l’occasione o il luogo – in casa, in terrazza, in giardino, in barca – se vogliamo proporre una tavola estiva chic, non dobbiamo dimenticare i suoi principali canoni d’eleganza.
Principe di Firenze, nei negozi e online, ne fa una sintesi perfetta in tutte le loro sfumature, a partire da tovagliati e set da tavola, fino alle porcellane e cristallerie. Dalla stuoia che arreda un ambiente alla stampa gradevolissima di un copritavola speciale.

La sintesi dello chic?
Freschezza e colore, anzitutto, ma con un limite ben preciso e misurato.
No all’esagerazione dei decori e ai contrasti tra le forme. Ce lo chiede il caldo estivo, che privilegia le linee essenziali e i colori rilassanti, al massimo grado di semplicità.
Naturalmente la tavola estiva per eccellenza può essere ispirata al mare, con disegni che ne richiamino pesci, stelle marine, coralli, stilizzazioni di onde, e giocare coi blu, gli azzurri e in genere tutti i colori di una barriera corallina, o i bianchi a contrasto.
I quali, soprattutto per le ceramiche, fanno del total white un vero e proprio must cui difficilmente si rinuncia.


Ma per chi desiderasse un’alternativa ci sono sempre i colori solari, con i trionfi di frutta e fiori della bella stagione, i quali spesso – e anche qui l’occhio vuole la sua parte di spettacolo – entrano in sinergia con il menu e le bibite proposte agli ospiti, giocando di citazioni e rimandi al sapore e a certe tradizioni gastronomiche inossidabili estate dopo estate.


Per il resto, sarà bene ricordarlo, la tavola di casa che rispecchia il carattere della famiglia, sia esso declinato in versione minimal, country, vintage o contemporaneo, non sarà mai una scelta sbagliata.
Anche perché spesso si può puntare al dettaglio che fa subito estate: che sia il decoro di un bicchiere, o l’allegria di un tovagliato che sostenga da solo il tema, anche se s’intendono usare le posate d’argento per servire una semplice insalata di riso.
Cosa non del tutto insolita, del resto, perché se l’estate richiede il massimo della libertà, non è detto che faccia male un elemento che ci ricorda chi siamo, proprio quando mangiamo.
Principe. La natura del lusso.
Principe. La natura del lusso.
Il lusso è una virtù nobile da non confondere con il comfort. Ma questo detto del secolo scorso oggi ha la fortuna di poter essere rivisto: lusso e comfort, ma anche lusso e sostenibilità, sono binomi altrettanto nobili e finalmente possibili.
L’appassionata ricerca Principe di Firenze dedica ogni anno a questi desiderata dei clienti che frequentano i negozi di Firenze, Forte dei Marmi e Lucca – oltre allo shop online – offre, al rinnovarsi di ogni stagione, centinaia di esempi.
Ma anzitutto intendiamoci sulla principale virtù del lusso, il quale è uscito da tempo dalla prigione dorata dell’inaccessibilità un po’ arrogante.
Oggi il lusso è sempre di più attitudine, ragionamento e cultura. Un argine all’usa e getta (ma sarebbe meglio dire il getta senza usare) di un certo tipo di globalizzazione oggi sempre più in discussione.
Pertanto, soprattutto nell’abbigliamento uomo, donna e bambino, di cui Principe di Firenze è icona di stile, il lusso è soprattutto funzionalità e intelligenza d’uso. Caratteristiche che, pur costando quello che valgono, non escludono più nessun portafogli e nessun desiderio.


Le fibre – naturali, organiche e pregiate – sposano la razionalità del design in modo sempre più innovativo e sostenibile, collezione dopo collezione.
Ed è in questa ricerca, che non è solo di stile, che il comfort, insieme alla praticità e al durare nel tempo, si fa obiettivo primario e promessa sempre mantenuta.

Non importa essere Napoleone per andare dal sarto
Non importa essere Napoleone per andare dal sarto
La storia della sartoria ha sempre usato i grandi del passato come una punteggiatura. Nata per tutti, al tempo in cui il fatto a mano era l’unica scelta a disposizione, ha sviluppato le sue punte di eccellenza al servizio dei miti della storia: scrittori, imperatori, condottieri e giù fino alle chiere di nobili dei casati di tutto il mondo. Nel luogo mondiale della sartoria, in Savile Row a Londra, a due passi da Piccadilly Circus, autografi e clienti famosi non si contano, da Napoleone III a Buffalo Bill, dall’imperatore del Giappone a Charles Dickens.
Nomi che farebbero pensare, sbagliando, a una sartoria rimasta ferma nel tempo. Vezzo per teste coronate (anche in senso sociale) senza riconoscergli un dinamismo e una contemporaneità che la vedono oggi in ottima forma, anche dall’unico punto di vista con cui la guardano “le masse”, ovvero quello del marketing.
Tendenze e numeri ci confermano invece che delle molte attività del passato che oggi fanno ancora tendenza, la sartoria è tra le più longeve, perché ha saputo raccogliere le sfide dei nuovi scenari della moda e rivolgersi ai nuovi consumatori accogliendo i cambiamenti della società con l’impegno a preservare la sua nobile tradizione.

Il sarto lavora da zero per ogni singolo cliente.
Il modello cartaceo che realizza è unico e tiene conto anche delle più piccole discrepanze della persona e della sua postura, prima di essere trasferito su un pezzo altrettanto unico di tessuto scelto, in genere, tra più di seimila campioni disponibili realizzati dalle migliori manifatture laniere del mondo.
Non a caso, questo appeal naturale della sartoria, è uno dei più imitati anche dall’industria del vestire, che non manca di abusare di una sovrabbondanza di termini come tailor made, sartoriale, custom made, dimenticando che l’unico sartoriale che esista è quello disegnato e tagliato direttamente sulla tela, uno per uno.
L’attualità e il momento fortunato della sartoria moderna è la constatazione che l’uomo non è cambiato, semmai è cambiato il suo guardaroba. Che oggi guarda anche agli indumenti “prestazionali” come i tecnici per il freddo o lo sport, ma non ha mai rinunciato all’abito, allo smoking, al cappotto. E mai come oggi la sartoria può contare su una nuova generazione di clienti, anche giovani, seriamente interessati e coinvolti nella genesi dell’abito: da dove viene, come viene fatto, con quale manualità.
Clienti e giovani consapevoli che le cose belle non sono immediate, non arrivano subito, e sono disposti ad aspettare anche otto o dieci settimane (e sottoporsi agli almeno due fitting di prova) pur di avere un pezzo di artigianato straordinario e duraturo nel tempo.
Un meccanismo di coinvolgimento del cliente rivoluzionario che ricorda la cucina a vista dei grandi ristoranti stellati e che rivoluziona la dittatura che impone un clic per l’acquisto e una manciata di ore per la consegna nel pacco postale.
Un gesto capace di cambiarci, perché indossare un abito di sartoria è un’esperienza totale, come guidare l’automobile esclusiva o indossare un orologio unico. Ed è proprio questa esperienza a saper attraversare tutte le epoche senza chiederci di mascherarci, magari da Napoleone.
http://www.principedifirenze.it/ready-to-wear-e-sartoria/

Ready to wear e sartoria, la sfida impossibile che ha fatto bene a tutti
Ready to wear e sartoria, la sfida impossibile che ha fatto bene a tutti
Secoli di storia sartoriale e poco più di mezzo secolo di abiti preconfezionati. Se fosse una partita di calcio la sfida sarebbe persa 1000 a 50. Eppure sarebbe riduttivo affidare la vittoria a tavolino, perché ogni esperto di moda e di stile sa che i due settori, invece che scontrarsi – come avvenne in un primo tempo nei primi anni Sessanta del secolo scorso – hanno finito col migliorarsi a vicenda, migliorando anche l’eleganza maschile.
E non stiamo parlando di migliorarne l’accessibilità, dal momento che oggi un ottimo ready to wear può costare quanto o di più dell’equivalente capo cucito a mano in sartoria. Stiamo proprio parlando di stile e qualità. Dunque di un’eleganza “universale” che ormai sarebbe riduttivo confinare da una sola parte.


E’ per questo che in negozi come Principe di Firenze questi due aspetti dell’eleganza maschile convivono perfettamente. La sartoria su misura, con tutto il suo fascino, l’esclusività e il maestro sarto Mathieu Avognan sempre a disposizione, e il confezionato pronto all’uso con tutta la sua indiscutibile e veloce praticità. Ma i due concetti convivono perfettamente anche nel guardaroba dell’uomo elegante contemporaneo. Dal momento che trovarvi esclusivamente abiti di sartoria o di confezione sarebbe, nel migliore dei casi, un atteggiamento troppo snob o troppo cheap. Il vero uomo elegante, anche se poco abbiente, custodirà sempre nell’armadio almeno un capo di sartoria e viceversa. E questo anche quando si è in possesso di caratteristiche fisiche da modello che ci permettono il lusso (se lusso vogliamo proprio chiamarlo) di indossare una 48 perfetta dal fit alla lunghezza delle maniche.
Il perché è molto facile e riguarda, appunto, la sinergia che si è venuta a creare dopo la guerra tra i due settori. Dal 1968 in avanti, che molti ricordano solo per la contestazione, c’è stata anche una rivoluzione “altra” che ha nobilitato l’abito di confezione cercando di imparare dalla migliore sartoria. Il risultato è stata l’estinzione all’unisono dei sarti che cucivano peggio del confezionato e delle confezioni che producevano abiti che non vestivano ma “coprivano” gli acquirenti. Fino ad oggi, dove distinguere un bell’abito di sartoria o confezione è sempre più una questione di dettagli quasi invisibili a un occhio poco o mediamente allenato.
Il gentleman di oggi tiene dunque al rigore raffinato dell’abito di sartoria, ma sempre più spesso infila nel trolley anche una bella giacca sportiva (una Folcea, ad esempio) che lo veste perfettamente anche se è un ready to wear. Farlo, anzi, è persino liberatorio. Indizio di una mente aperta che non si lascia condizionare dagli schemi – spesso banali e privi di fantasia – di un certo marketing della narrazione.

Quando la sartoria era un rito, anzi un club
Quando la sartoria era un rito, anzi un club
Qualche radiografia sociologica dell’Italia degli anni ruggenti si preoccuperà di tracciarne una mappa piena di significati, ma quanti hanno vissuto e continuano a far vivere il rito dell’abito su misura in sartoria – siano raffinati clienti o maestri sarti – ne hanno piena consapevolezza.
Perché sì, c’è stato un tempo in cui le botteghe dei sarti erano più diffuse delle biblioteche, delle sale polivalenti e delle sale per conferenze. Onnipresenti dal più piccolo e sperduto borgo ai quartieri delle grandi città e dei capoluoghi in varie forme, dignità e dimensioni, ma sempre attive.


Luoghi, insomma, per quanti non trovavano opportuno frequentare bar e osterie, ma desideravano ritrovarsi in qualche momento del giorno per uno scambio di opinioni, commentare una notizia, condividere la vita in società.
Luoghi, naturalmente, del tutto trasversali e accoglienti. Aperti al contadino, al piccolo commerciante, al professionista (in tempi in cui la regola del rispetto reciproco era linguaggio universale) il luogo fisico della sartoria era un club degli ottimati. Lì si mescolavano la sapienza dell’artigiano e la scienza del buon vivere.
La conoscenza e la frequentazione non solo permettevano di “migliorarsi” in quel senso dantesco del fatti non foste a viver come bruti, ma anche a far sì che gli abiti prodotti potessero superare il concetto di su misura fisico – misurato da sempre in centimetri – raggiungendo un su misura anche interiore, psicologico.

Il sarto che conosceva per lunga frequentazione i suoi clienti consigliava stoffe e modificava modelli e aggiungeva dettagli che vestivano non solo il corpo ma si adattavano alla vita: che fosse il vestire una cerimonia o l’indeformabile abito di chi non aveva l’abbienza di un guardaroba ben fornito.
Per questo andare dal sarto e la sartoria erano come i club che la letteratura classica inglese ha immortalato mille volte. Non si era lì principalmente per acquistare – a quello avrebbe pensato anni dopo il consumismo – ma per esserci. E con la propria presenza contribuire a fare di una bottega artigiana presidio di tradizione e di cultura.
Materie così connaturate alla sartoria che la rendono simile ad ogni latitudine di questo vasto mondo.
Persino chi si troverà a passare da certe sartorie di strada africane potrà notare, seduti assieme al sarto alla macchina da cucire, due o tre persone sedute che parlano tra loro.
Sarà anche per questo che sarti lo si diventava quasi sempre fin da bambini. Agli anni che ci volevano per imparare alla perfezione un’arte molto complessa, si affiancavano anche anni di ascolto e di crescita della propria comunità di riferimento.
All’interno del negozio Principe la sartoria, nella sua contemporaneità, conserva quei ritmi e quelle atmosfere da salotto. C’è uno spazio per sedersi e incontarsi e c’è un sarto – il maestro sarto Mathieu Avognan, che dalla Costa d’Avorio ha portato da noi la sua straordinaria manualità – con cui confrontarsi. Perché è bello, scegliendo un tessuto pregiato che ci rivesta, apprezzarne la calma, la rilassante atmosfera e quel patrimonio unico di cultura che lo renderà il nostro abito.

Chiudete pure gli occhi. L'esperienza cashmere Principe di Firenze
Chiudete pure gli occhi. L’esperienza cashmere Principe di Firenze
Certo l’aspetto è importante, anche nel cashmere. Lo styling, i colori, la manifattura. Aspetti che danno gioia alla vista e soddisfano l’esperienza dello scegliere il meglio per sé e i propri cari. Si tratti di un pullover o del prezioso tessuto che – tra le mani del sarto – diventerà giacca, abito intero, soprabito.
Eppure, nell’esperienza del cashmere c’è un punto in cui chiudere gli occhi è consigliato. Ma non aspettatevi solo la “morbidezza”, che è un po’ il luogo comune del cashmere ed è ottenibile (al giorno d’oggi cosa c’è ancora da inventare?) anche con fibre non pregiate opportunamente lavorate.

Quella del cashmere ad occhi chiusi è invece un’esperienza a tutto tondo. Tenete tra le mani una maglia a lavorazione due o tre fili, e immediatamente sentirete un contatto che parla di consistenza, una grande forza tranquilla che scorre sotto le vostre dita e che – al di là del modello e del colore – veste in modo particolare.
Saggiate quel contrasto tra il peso, leggerissimo, e il senso di vestibilità capace di richiamare subito alla mente la calda sensazione di un abbraccio. Un abbraccio tutt’altro che sdolcinato e artificiale. Sempre ad occhi chiusi, infine, cercate di percepire il senso del calore.
Un calore misurato, come quello prodotto da ogni fibra nobile, che si sente addosso come quando l’udito incontra casualmente un’armonia, e che dà immediatamente quella sensazione di essere vicini alla poesia.
Ma questa magia della percezione del cashmere non si limita al solo capo finito. Abbiamo accennato al tessuto su cui costruire il lavoro sartoriale. Nella sartoria Principe di Firenze sarà facile farne subito la prova ad occhi chiusi sfogliando una ad una le mazzette delle collezioni di tessuti pregiati.
Un semplice ritaglio di campionario, non più grande della pagina di un libro, stretto ad occhi chiusi tra le dita saprà evocarvi quelle stesse sensazioni, solleticando l’immaginazione delle prove in sartoria e del capo finito, pronto da indossare.

