Il Massaua, il denim “nobile” dell’Africa coloniale dalle antiche radici
Un tessuto in una città di tessuti. E’ questo il Massaua, il cotone di grana pesante e indistruttibile cui tanti attribuiscono il soprannome di denim dell’Africa coloniale.
Ma la sua storia è assai più antica e, tolta la patina della storia coloniale più recente, affonda le radici nella città portuale dei mille commerci già a metà dell’Ottocento e già frequentata da italiani illustri, che ne hanno lasciato traccia negli archivi che oggi sono il tesoro di biblioteche e raccolte storiche, come quelli del Senatore Rossi in quel di Vicenza.
Un tessuto rude, il Massaua, mutuato alla costruzione di tute da lavoro adatte a rimanere quasi eterne tra lavaggi estremi, saldature, strappi, vernici e fatiche del lavoro di un tempo, in un Paese che quasi pareva costruirsi da sé, a denti stretti nelle macerie della storia che tutti conosciamo.
Eppure anche utilizzato – chissà se per la stessa origine simbolica – dall’eleganza senza pari delle più grandi sartorie dello stivale. Tenuto negli scaffali a disposizione dei clienti più illustri al pari di flanelle, “Dormeuil”, tweed e vicune cilene, quest’ultime ormai quasi introvabili e irraggiungibili nel prezzo.
E’ dagli anni 50 del Novecento che tessuto e storia si sono fuse insieme, dando vita con questo tessuto che già vestiva burberi operai e minatori inglesi, anche a giacche di calcolatissima proporzione, perfettamente inserite in quel modello “napoletano” che chiede spalle quasi senza imbottiture, giromanica al millimetro e ampiezze un po’ commendatoriali nei petti.
La sartoria Principe di Firenze oggi ripropone nella contemporaneità la nobiltà e la versatilità di questo tessuto. E proprio quando tutto il mondo “globalizzato” tenta di addestrarsi alla resilienza di un tempo, ecco che la doppia coloritura in beige o blu unica disponibile, si presta al taglio moderno, adattissimo all’uso cittadino quanto e più della comodità di una maremmana.
E tra tanta storia, che oggi al lettore disattento o smaliziato può sembrare azzardo o invenzione, sarà bene ricordare, a cavallo degli anni 70, il più originale tra gli eccellenti dell’arte Toscana, il pistoiese Fernando Melani, che proprio in quegli anni si faceva cucire dal sarto giacche “da operaio”, dilettandosi di qualche dettaglio o di una tasca comoda anche solo per conservare i fiammiferi appena spenti che avrebbero dato vita a una scultura da lasciare ai posteri.